Rommel, un mito della guerra nel deserto

In una tetra giornata dell'autunno 1941 gli ufficiali superiori inglesi che combattono in Africa Settentrionale contro gli italiani e l'Afrikakorps ricevono una strana circolare dal loro comandante in capo, sir Claude J. Auchinleck. Dice: "Esiste realmente il pericolo che il nostro amico Rommel diventi una specie di stregone o di spauracchio per le nostre truppe, che cominciano a parlar troppo di lui. Pur essendo molto energico e abile, egli non è assolutamente un superuomo. Anche se fosse un superuomo, sarebbe deprecabile che i nostri uomini gli attribuissero poteri soprannaturali. Desidero che usiate tutti i mezzi possibili per dissipare l'idea che Rommel rappresenti qualcosa di più che un comune generale tedesco. L'importante è che si eviti di parlar sempre di Rommel quando intendiamo riferirci al nostro nemico in Libia. Dobbiamo dire "i tedeschi" o "le potenze dell'Asse" o "il nemico",e non ricadere sempre sul nome di Rommel. Vi prego di assicurarvi che questo ordine venga posto immediatamente in atto, e di far capire a tutti i comandanti che, da un punto di vista psicologico, si tratta di una questione di grande importanza".
In quell'autunno di guerra nasce il mito di un generale che è forse un Ney o un Murat, non certo un Napoleone, di un condottiero uso, sì, a tutti i sotterfugi e alle astuzie della guerra nel deserto ma la cui mente non spazia mai nei più ampi orizzonti della condotta della guerra, dove la grande operazione diventa soprattutto un problema politico. È indubbio tuttavia che Rommel sa esercitare un enorme fascino sui propri soldati e sconvolgere magistralmente le tradizioni strategiche della guerra moderna di manovra e di movimento nel deserto dell'Africa Settentrionale.
Erwin Johannes Eugen Rommel, appartenente a una borghese famiglia sveva, è nato il 15 novembre 1891 , una domenica, ad Heidenheim, presso Ulm sul Danubio, nel Worttemberg. Anche suo padre si chiama Erwin, è un maestro e figlio di un maestro. Erwin jr. ha quattro fratelli (Helena, poco più anziana di lui, Karl e Gerhardt, entrambi minori; e infine Manfred che morirà giovanissimo).
Un perfetto animale da combattimento
La sua infanzia trascorre fra la casa (dove lo prendono in giro per la sua parsimonia nello spendere i rari soldi) e lo studio, al quale per il vero si dedica con scarso impegno. La sua passione, che si manifesta sui quattordici anni, è quella di diventare ingegnere aeronautico; gliela ha instillata un compagno di scuola e di giochi ma il padre si oppone e allora Erwin jr. sceglie la carriera delle armi. Nel giugno 191O, diciannovenne, è arruolato nel 1240 Reggimento di fanteria a Wiengarten col grado di aspirante; l'anno dopo conosce la ragazza che diventerà sua moglie: è Lucie Maria Mollin, cugina di un collega di corso di Erwin, figlia di un proprietario terriero della Prussia occidentale e di lontana discendenza italiana (a Longarone risiedettero i Molino; la futura signora Rommel andrà a visitare il cimitero del paese bellunese per cercarvi i nomi dei suoi ascendenti).
La grande guerra porta Erwin Rommel sul fronte francese ed a Varennes, col battesimo del fuoco, riceve la sua prima ferita. Non è più lo studente svogliato, il ragazzo timido che andava a stringere la mano agli spazzacamini di Heidenheim: la guerra lo rivela quello che il suo biografo aulico, Desmond Young, definirà "un perfetto animale da combattimento, freddo, instancabile, inflessibile, rapido nelle decisioni, incredibilmente valoroso".

 
Foto: Rommel ispeziona il vallo atlantico  

Nel 1915 ha la Croce di Ferro di prima classe, diventa tenente, è ancora ferito nelle Argonne, lo trasferiscono sul fronte romeno e, durante una licenza a Danzica, il 27 novembre '16, sposa Lucie. Nell'estate '17 Rommel è sul fronte italiano col "battaglione da montagna" del Worttemberg. Nell'agosto, per la terza volta, è ferito, una pallottola vagante lo colpisce a un braccio: ad ottobre però è di nuovo in linea per una azione che gli frutta il grado di capitano e una delle più alte decorazioni, la medaglia Pour le Mérite. Rovesciando il principio che "l'artiglieria conquista le posizioni e la fanteria le occupa", i tedeschi mettono a punto applicandola sul terreno, a Riga, contro i russi la tattica dell'infiltrazione che si affida a piccoli nuclei armatissimi, addestrati appositamente a un antico e trascurato principio dell'arte militare: quello di spingersi avanti, autonomi nel comando e nell'azione, contro tutti i punti deboli dell'avversario, scivolando attorno a quelli forti, per arrivare fino alle più lontane retrovie, isolando "sacche" più o meno vaste, troncando strade e ponti, rifiutando sempre i combattimenti frontali, gettando lo scompiglio nei comandi arretrati dell'avversario.
Portato in linea segretamente, spostato soltanto di notte, indossando esclusivamente divise austriache, occupando alloggi protetti in ogni momento dall'osservazione aerea, il reparto di Rommel il 24 ottobre '17 si impadronisce del Kolovrat, poi del Kuk, taglia le linee telefoniche, mina alcuni ponti, occupa la strada di fondovalle Luico-Savogna catturando (sono affermazioni di Rommel) gran parte dei 2800 bersaglieri della 4' Brigata, dà la scalata al Cragonza conquistandolo all'alba del 26 dopo aver sorpreso la guarnigione e attacca il monte Matajur tenuto dalla brigata Salerno. Secondo Rommel è questo uno dei più importanti episodi che determinarono la ritirata italiana di Caporetto. A Monte Matajur il giovane ufficiale svevo fa prigionieri 8850 fanti e 150 ufficiali mentre da parte sua lamenta soltanto sei morti e trenta feriti. Nelle sue memorie Rommel dirà che venne portato in trionfo dai nostri soldati i quali, gridando che la guerra era finita, inneggiavano alla Germania.

 
 
Foto: Rommel e la sua famiglia

L'armistizio e la pace lasciano Erwin Rommel senza professione e senza soldi; né lui né la moglie sono ricchi. Forse per un attimo pensa ad abbandonare le armi e per questo si iscrive alla scuola tecnica superiore di Tubinga ma la rapida carriera compiuta in guerra lo fa notare al generale von Epp, ex governatore delle colonie tedesche in Africa e che, dopo la resa della Germania, è diventato l'organizzatore dei Corpi Franchi: così Rommel entra a far parte del gruppo di 4000 ufficiali consentiti dalle norme del Trattato di Versailles che diverranno l'ossatura del nuovo esercito tedesco.
Sono anni tranquilli, per i Rommel, malgrado la grave crisi economica, l'inflazione, i torbidi politici e la lunga ondata di violenze che precede l'ascesa del nazismo al potere. Erwin è di stanza a Stoccarda. Durante le licenze marito e moglie vanno a sciare e compiono gite sul lago di Costanza; lui trascorre le serate in casa, suona il violino, si diletta di fotografia e porta a termine un libro di scienza militare, In fanterie Greift an, La fanteria attacca, che suscita l'interesse di un lettore di eccezione, Adolf Hitler.

 
Foto: Rommel e Kesserling  

In Francia fa parlare di sé
La vigilia del Natale 1928, dopo dodici anni di matrimonio, nasce l'unico figlio; lo chiameranno Manfred, il nome del fratello morto di Erwin. Ma il primo passo verso l'Africa, che segnerà il culmine della sua carriera, egli lo compie soltanto nel 1937 quando il generale von Brauchitsch visita la Libia e Rommel, che lo accompagna, stende un rapporto a Hitler in cui rileva "la mediocre preparazione militare italiana, sia nella Penisola che in Libia". Gli italiani, scrive in un successivo rapporto, questa volta diretto all'OKW, "non hanno idee precise sulla preparazione militare nella Libia e non hanno studiato neppure in teoria la guerra nel deserto sulle lunghe distanze: nel prossimo conflitto è inutile contare, in Libia, sulle truppe coloniali per quanto celeri possano essere; la guerra nel deserto sarà combattuta con autoblindo, carri armati, aerei".
La risposta di Hitler a questi rapporti sarà quella di affidare a Rommel, più tardi, la costituzione dell' Afrikakorps. Ora, intanto, al giovane colonnello tocca un singolare incarico, la direzione dei quartieri generali mobili del Fuhrer (ferroviario ed aereo). Non è un compito che vada a genio a Rommel, specie quando sa che, per questo, von Rundstedt lo ha definito "quel pagliaccio che comanda il circo Adolf Hitler". Quando il FUhrer, nel marzo 1938, durante l'occupazione dei Sudeti, lo manda a chiamare e gli chiede: "Colonnello, che cosa farebbe al mio posto al momento di entrare in Praga?", Rommel seccamente gli risponde: "Salirei su una vettura scoperta e attraverserei la città, senza scorta, fino al castello di Hradschin". Non è la risposta giusta per un ufficiale che comanda il battaglione addetto all'incolumità del Fuhrer ma Hitler segue quel consiglio, poi promuove Rommel generale e lo assegna ai carri armati.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale Rommel è al comando della 7" Panzerdivision sul fronte occidentale. Sarà chiamata la "divisione fantasma" per la fulmineità con cui essa attacca la Maginot, sfonda a St.-Valéry-en-Caux e cattura otto generali francesi e 25.000 soldati. Questa brillante azione gli fa ottenere la promozione a generale di corpo d'armata e la decorazione di Cavaliere della Croce di Ferro. Ora si conferma il suo destino: l'Africa. Sul finire del' 40 Hitler convoca Rommel. "In Libia" gli dice il Fuhrer "i soldati italiani si battono benissimo per quanto mal comandati e senza mezzi: la ritirata da Sidi EI-Barrani e la caduta di Tobruk sono conseguenza di impreparazione ma se l'aviazione fosse stata dominante, gli inglesi non avrebbero potuto fare un solo passo avanti. L'Afrikakorps", conclude Hitler, "deve risolvere la situazione".

 
 

Foto: Rommel a Tripoli nel 1941

Nei primi mesi del 1941 l'Afrikakorps sbarca in Libia; il 15 febbraio vi giunge Rommel. Il 10 aprile Rommel dà il via all'attacco contro gli inglesi che si trovano dinanzi un nemico guizzante, che rompe con forza al centro di uno schieramento, dilaga, minaccia uno scontro in grande stile e poi, magari, si ritira per attaccare sull'ala. È un nemico che ha il comandante in prima linea, un capo che esercita direttamente sui reparti il potere decisionale. "Nessun ammiraglio ha mai vinto una battaglia navale standosene in un comando costiero" dice al suo aiutante, capitano Aldinger.

Comincia l'avventura africana
Rommel non rinuncia a nessuna tattica. Muove i propri panzer dietro una barriera di pezzi anticarro semoventi, simula attacchi impiegando finti carri armati di legno, inganna la ricognizione aerea avversaria servendosi di camion inglesi catturati oppure spinge una colonna di autocarri nel deserto applicando ad ogni veicolo un tendone che striscia sulla sabbia e solleva un'enorme nube di polvere per far credere che una divisione corazzata sia in marcia. Il segreto delle vittorie è soprattutto nel fatto che Rommel sa cogliere, subito, le occasioni più fugaci e questo avviene perché egli va a vedere con i propri occhi, senza attendere che le informazioni arrivino a lui e senza preparare e fissare sulla carta immutabili piani di battaglia ma, anzi, cambiandoli all'improvviso, a seconda dello scontro.
Un anno dopo il suo arrivo in Libia, il 28 giugno '42, Rommel, nella sua corsa incredibile verso l'Egitto, espugna il campo trincerato di Marsa Matruh e Hitler, telegrafandogli i complimenti, lo nomina feldmaresciallo. Ora è al culmine della sua carriera e per questo giovanissimo feldmaresciallo (ha solo 50 anni) comincia il mito del condottiero Rommel che divide il rancio dei soldati in prima linea, che decolla in Cicogna o gira nel deserto in Volkswagen e col Mammuth, il carro blindato britannico che gli serve da sede di comando; l'uomo perennemente chiuso nella divisa con la Croce di Ferro, il soprabito di cuoio nero, la sciarpa a scacchi, gli occhiali antisabbia, l'uomo che dorme poco come Napoleone, steso su un carro o sul nudo terreno, che si ciba quasi di nulla (pane, miele, sardine, un po' di tè ghiacciato), insensibile alla fatica.

Foto: Rommel al comando in Libia

La sua avventura africana termina nel novembre '42 con lo sbarco alleato in Nord Africa: "Per noi è la fine", scrive il feldmaresciallo alla moglie, "le maree nemiche letteralmente ci sommergono. Invidio i morti che hanno già chiuso il loro destino". Ma qualche giorno dopo, con una licenza di malattia, Rommel torna in Germania dove si dedica all'" Operazione Felix" (il piano per occupare Gibilterra). Nell'estate '43, caduto Mussolini, Hitler prima lo invia in Italia, poi lo destina alla Normandia dove, per molti segni, sta per incominciare "il giorno più lungo"
In Normandia, prima al comando del Gruppo di Armate B sotto von Rundstedt e più tardi come capo delle armate tedesche dislocate fra i Paesi Bassi e la Loira, inizia la sua vicenda del complotto contro Hitler.

Un nuovo Hindenburg?
Rommel ha così i primi contatti con un autorevole antinazista: il dottor Karl Strolin, borgomastro di Stoccarda, un uomo che ha avuto il coraggio di inviare nell'agosto '43 un promemoria al ministero dell'Interno chiedendo la fine delle persecuzioni agli ebrei e la restaurazione dei diritti civili. Strolin e gli altri congiurati vedono in Rommel un nuovo Hindenburg, cioè un generale di grande popolarità, capace di trascinare soldati e ufficiali e, dopo alcuni convegni, alla fine del febbraio '44, Rommel accetta di incontrarsi con Hitler per ricondurlo alla ragione: se il tentativo fallirà egli gli scriverà una lettera prospettandogli che non vi è altro rimedio che trattare con gli Alleati; infine passerà all'azione diretta. "Ritengo", dice il feldmaresciallo, "sia mio dovere pensare alla salvezza della Germania".
Le disillusioni di Rommel si fanno più cocenti man mano si avvicina il momento dell'invasione: i suoi consigli di far minare le rotte della Manica e di bombardare con la V-1 la zona Portsmouth-Southampton sono rifiutati dal Comando Supremo. Keitel, Jodl e von Rundstedt respingono la sua strategia di attaccare l'invasore in mare e distruggerlo appena giungerà sulle coste. Il 6 giugno '44, mentre comincia "il giorno più lungo", Rommel è lontano dal suo comando di La Roche-Guyon: è andato al quartier generale di Hitler e, passando per Herrlingen, ha portato in dono alla moglie un paio di scarpe francesi.

 
  Foto: Rommel ispeziona le coste della Manica nel Marzo del 1944

Un mese più tardi, il 17 luglio, mentre Rommel torna dal comando del 20 Corpo corazzato SS dove ha avuto un colloquio con Sepp Dietrich, la sua auto è mitragliata da otto cacciabombardieri inglesi lungo la strada della Normandia, fra Livarot e Vimoutiers. Un proiettile raggiunge il feldmaresciallo alla tempia sinistra e allo zigomo, i frammenti del parabrezza gli feriscono gravemente il viso. Ricoverato all'ospedale di Vésinet, .presso St-Germain, i medici lo danno per spacciato. Tre giorni dopo, mentre egli lotta contro la morte, scoppia la bomba di von Stauffenberg nel quartier generale di Hitler e comincia l'ondata delle repressioni e delle vendette. Uno dei congiurati, il generale Heinrich von Stulpnagel, è scoperto e tenta di togliersi la vita con una rivoltella ma la pallottola non lo uccide. Nel delirio egli grida il nome di Rommel. La Gestapo lo fa curare, lo salva, poi lo tortura e lo impicca.
Forse Stulpnagel non rivela nulla del complotto ma il nome del feldmaresciallo, più volte pronunciato, è sufficiente perché Hitler prenda una decisione: Rommel dovrà pagare con la vita l'aver osato alzare la mano sul Führer. Contro le previsioni dei medici, il feldmaresciallo supera rapidamente la crisi.
Il 7 settembre '44 il generale Hans Speidel, capo di Stato Maggiore di Rommel e anch'egli membro della congiura, è arrestato in casa da un ufficiale delle SS. Rommel, che è in convalescenza nella sua villa di Herrlingen, appena ne è avvertito telefona al Comando Supremo ma non ottiene spiegazioni. Il 7 ottobre Keitel convoca a Berlino per discutere "la possibilità di affidargli un nuovo incaric".. Rommel, su consiglio dei medici, rifiuta di compiere il viaggio e all'ammiraglio Ruge che gli fa visita 1'11 ottobre dice: "Non andrò a Berlino. So che non arriverei vivo. So che mi ammazzeranno per strada, simulando un qualsiasi incidente".

"Tra un quarto d'ora sarò morto"
Il 13 ottobre il feldmaresciallo riceve una telefonata da Stoccarda. Il quinto distretto di guerra gli annuncia che i generali Wilhelm Burgdorf ed Ernst Maisel, dell'Ufficio personale dell'esercito, l'indomani saranno da lui a Ulm. I due generali arrivano a mezzogiorno del 14 ottobre, a bordo di un'auto pilotata dall'SS Doose. Il loro colloquio con Rommel dura un'ora, poi il feldmaresciallo raggiunge la moglie.
"Sono venuto a dirti addio. Tra un quarto d'ora sarò morto. Sospettano che io abbia preso parte alla congiura contro Hitler. Sembra che il mio nome fosse su una lista come futuro presidente del Reich [...] Dicono che von Stulpnagel, Speidel e il colonnello Hofacker mi hanno denunciato [...] È il solito trucco [...] Ho risposto che non ci credo e che non può essere vero [ ]. Il Fuhrer mi lascia la scelta tra il veleno e un processo davanti al tribunale del popolo. Hanno portato il veleno. Agirà in tre secondi".
La moglie lo supplica di presentarsi in tribunale. "No" replica Rommel. "Non avrei paura di essere processato in pubblico perché posso difendere ogni mio atto. Ma io so che non arriverei vivo a Berlino". Dà l'addio al figlio, scende in giardino e prende posto sull'auto con i due generali. La vettura si mette in moto, percorre qualche centinaio di metri e si arresta al bivio di Blauberen. Maisel e l'SS Doose scendono e si allontanano di qualche passo; Burgdorf rimane con Rommel, ch'è seduto sui sedili posteriori. Narrerà più tardi Maisel in tribunale: "Dopo circa cinque minuti notammo che il generale Burgdorf era sceso anche lui dalla macchina e camminava su e giù accanto ad essa. Dopo altri cinque minuti ci fece un segno con la mano. Quando ci avvicinammo il feldmaresciallo era riverso contro il sedile posteriore". E Doose aggiungerà: "Vidi Rommel agonizzante. Aveva perso conoscenza e stava singhiozzando. No, non si trattava di gemiti o di rantoli ma proprio di una sorta di singhiozzo. Gli era caduto il berretto, io lo rimisi diritto, con il berretto in testa".
Mezz'ora più tardi la salma di Rommel è portata con la stessa auto all'ospedale di Ulm. L'annuncio ufficiale dice che il feldmaresciallo è morto in conseguenza delle gravi ferite subite in Normandia.. Hitler telegrafa alla vedova che il nome di Rommel resterà sempre legato alle eroiche gesta nel Nord Africa. Il 18 ottobre hanno luogo i solenni funerali di Stato, ad Ulm; davanti al feretro ricoperto dalla bandiera sono deposte su un cuscino nero le decorazioni di Rommel. Von Rundstedt, probabilmente all'oscuro della tragedia, pronuncia il discorso funebre che suona - per chi sa - sinistramente ironico: "Il suo cuore" dice "apparteneva al Fuhrer". Dopo le esequie il feretro viene portato al crematorio e incenerito; i resti sono infine sepolti nel cimitero di Herrlingen, sulla collina. Ventidue anni dopo, il 16 ottobre 1966, una caserma della Bundeswehr, a Osterode, nella Germania federale, verrà intitolata al nome di Erwin Johannes Eugen Rommel.

Bibliografia: Vedi pagina contatti

Per approfondire la figura storica di Erwin Rommel, consigliamo di leggere oltre i classici sull'argomento "Rommel: l'ambiguità di un soldato di David Fraser" e "I Generali di Hitler di Correlli Barnett" il nuovissimo libro acquistabile nelle migliori librerie : "Rommel. Fine di una leggenda" di Reuth Ralf G. editore Lindau.
In questo libro si considerano gli aspetti più umani e psicologici del più grande, rappresentativo e conosciuto condottiero tedesco della seconda guerra mondiale.
Il mitico generale tedesco, osannato dalla propaganda tedesca e rispettato da quella avversaria, viene descritto e analizzato in aspetti ancora non perfettamente analizzati,
uscendone come un generale che pose al centro della sua vita e della sua morte, per suicidio, il dovere e l'onore di una casta militare derivata dalla scuola "cavalleresca" prussiana, dove lo sprezzo del
pericolo e il patriottismo erano valori comportamentali non negoziabili; questo portò Rommel a essere il generale preferito di Adolf Hitler e quindi esecutore militare (anche non macchiandosi di delitti) dei voleri del più efferato dittatore di tutti i tempi.

 

 

 

Erwin Rommel